Talvolta ripenso con magica gratitudine a quei pomeriggi della mia infanzia mentre guardavo i film che oggi i detrattori degli anni 50-60-70 definirebbero preistorici.
I ritmi erano lenti confrontati a quelli odierni, a volte i contenuti erano basati sull’evoluzione di un unico sentimento. Incredibilmente nessun effetto speciale ti squarciava l’animo o l’attenzione, un solo omicidio era sufficiente a portare avanti un film giallo senza necessità di brandelli di corpi ed anatomie evidenti in primo piano. Eppure chi non ricorda l’emozione di colazione da Tiffany quando “gatto” sparisce tra la pioggia e le cassette, chi può dimenticare l’eleganza della sua sgomenta padroncina, Audrey Hepburn.
“Io e il mio gatto… siamo due randagi senza nome che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene.”
Chi può dimenticare il sorriso civettuolo e lo sguardo ammaliatore di Rossella o’Hara… indimenticabile Vivian Leight di Via col Vento..
“Dopotutto domani è un altro giorno” … potrei proseguire con una lunga serie di ricordi indelebili che appartengono ad un mondo che non c’è più…
Soprattutto ripenso a quell’eleganza sottile, a quei lenti sorrisi nei pomeriggi assolati, quando ancora esistevano delle ore in cui non bisognava correre, produrre, distruggere, inquinare…Quando il lento tic tac del pendolo in soggiorno accompagnava il punto a croce, il tintinnio degli aghi di chi faceva a maglia, o lo scorrere di una matita su un foglio. Ed è con la stessa emozione di quando stringo un oggetto del passato, che ritrovo dolci energie sopire lente, come un vecchio che vorrebbe raccontarti la sua storia ma non vuole interrompere chi sta parlando velocemente e con più forza di lui.
E’ un’eleganza che non scuote quella del passato, perché sa di avere tempo, di aver fatto il suo gioco palese e di poter riproporsi senza fretta… consapevole del suo valore, raffinato e potente per essere sopravvissuto oltre ogni moda